Photopathologies

L'eccesso di immagini prodotte nella società contemporanea spesso conduce a un atteggiamento che si potrebbe chiamare photopathology. L'esistenza della quasi totalità di queste fotografie ubiquitarie è legittimata dallo strumento con cui sono raccolte e dal mondo telematico a cui sono destinate. Ci giungono in forma di sequenze, piuttosto che di immagini singole e si fondono in flusso continuo di dati, dissociato da quella vita privata - apparentemente reale - che le aveva originate. Un unico strumento tascabile, indossato come un indumento intimo, media la comunicazione non soltanto tra le persone convertite in profili, ma anche tra queste e il mondo inanimato, attraverso una fotocamera associata a sensori diversi e a una ininterrotta connettività. Nella rete, la natura immateriale dell'immagine digitale si esplica pienamente: dall'introduzione sul mercato della prima macchina digitale consumer, attraverso lo sviluppo di internet, l'attività fotografica – divenuta collettiva - è all'interno di un percorso evolutivo che ne mette in discussione le basi.
Si è venuto a costituire un sistema autonomo di rappresentazioni a cui delegare tutto quello che una volta veniva direttamente vissuto.

Tutte le immagini raccolte qui di seguito sono state scattate con telefoni cellulari, dai vecchi Nokia all'iPhone 4.
La natura dei file prodotti dall'Iphone 5S chiude questa serie,
che non vuole giungere da nessuna parte,
ma è solo una constatazione personale sull'impossibilità di essere immuni da questa patologia.